PRIMA DI UCCIDERE
In questo luogo aperto dove il mercato vive
sotto i freschi alberi estivi e i richiami festosi
ti sei presentato per uccidere.
Devi premere un tasto e tutto esploderà in polvere
come un grosso fuoco d’artificio nero
e correranno i fischi delle ambulanze
e saranno sgombrati resti umani senza nome né volto.
Sei un killer e il gesto lo farai.
Perché esitare ?
Ma prima di uccidere guardati intorno.
La tua sparatoria non dev’essere asettica
come un ferro chirurgico
ma calata dove regna la vita e il tempo si fa estremo.
Essa deve sapere e tu devi occuparti di ciò che donerai al nulla.
Rivolgi lo sguardo a sud dove la mano del sole
accarezza i bordi della notte e li congeda
e cumuli affrettati di nuvole cangianti
come bagnanti accaldate si dirigono al mare
e sotto il vento si piega la palma
sbattacchiando i suoi frutti dorati.
Prima di uccidere guardati intorno
t’accorgerai come alla luce svanente
del primo tramonto
il cuore rallenta i palpiti per cogliere le voci della sera
cinguettii d’alcuni passeri, fruscii di biciclette che rincasano
lontanissimi canti quasi spenti
odori di minestre e d’osterie e tintinnar di piatti.
Prima di uccidere guardati intorno
ti verrà incontro il rimbalzo di vecchi silenzi
e lo vedrai il selciato della tua anima oppressa e muta
e vorresti che arrivassero dai confini del cosmo
le stelle a confortarti mentre chiudi per sempre
i sipari del tuo sentire, perché devi sparare.
Ma prima guardati intorno.
Mai più quegli occhi scuri di bimba scura
guarderanno il colore delle ciliegie
sparpagliate nei cesti del mercato
e il nonno che trascina il carrellino delle provviste
mai più gli sembrerà così gioioso un gesto tanto semplice
e il pescivendolo morirà con l’odore del pesce nel naso
e le mani del venditore cinese di cravatte saranno ancora tese
a fare da sostegno quando le colpirà la corsa del proiettile
e quella donna grassa, dal ventre informe, sarà quella
che avrà più sangue da distribuire sul banchetto del prezzemolo.
Prima di esploderti guarda nei chiusi cassetti di casa.
Ci sarà ancora certamente in un angolo trascurato il tuo
primo quaderno di scuola. Ricordi ?
Forse nessuno l’ha mai guardato, e tu invocando lo tendevi
sotto gli occhi distratti di qualcuno. Ora puoi ritrovarlo,
la copertina rossa e le macchie della penna incerta.
La tua casa si spostò nel deserto coi fischi della sabbia,
e la vampa del sole sul mantello e parole che nascevano
ad ogni ora ad ogni gesto martellanti, e stendevano sui tuoi occhi
il fitto velo dell’isolamento. Spari e gesti, agilità e fatiche
sete e fame e inchini di consenso. Nessun amore, soltanto occhi feroci.
La sera chiuso in tenda con altri schiavi non conoscevi
il cerchio grandioso del cielo scintillante che t’interrogava
umile e silenzioso; non t’arrivava la frescura
di lontanissimi mari e di berberi canti in villaggi profumati;
la notte il verso lontano d’animali liberi e felici
non ti faceva sgorgare in cuore la nostalgia del bene.
Ora tutto questo è perduto, non potrai ritrovarlo mai
ora il tuo cuore è secco e la bocca ha imparato
quelle parole funeste e le mani che non hanno toccato l’amore
preparate al pulsante della distruzione. Ora questo sai fare
chiuso nella tua tana compiere un gesto e scomparire
resto tra i resti.
Mai più vedrai una fila di formiche che trasporta una mollica
enorme trotterellando su zampette microscopiche
e non immergerai il viso accaldato nel ristoro della fontana
e il suono di una chitarra mentre strillano le cicale non sarà
un legame con l’universo e con la gioia
e un sorriso di donna appena indovinato dietro un velo turchino
non ti farà capriolare il petto e battere le tempie.
Prima di uccidere guardati intorno.
di Elettra Bianchi
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