Persona, personaggio, io, sempre nella storia: nella Storia, ossia macrostoria, intesa nel senso ormai acquisito della “Nouvelle Histoire” (Braudel, Fèvre, Le Roy Ladurie, ma non solo), quindi di storia antropologica, delle “mentalità” molto più che di storia diplomatica e politica, ma anche delle microstorie dislocate nelle vite di amici e amiche (pochi), conoscenti, di persone più o meno conosciute, magari di sfuggita, di eventi narrati etc.. L’io narrante, in questi racconti, è sempre dis-locato in terza persona (ma “moi c’est un autre”, per dirla con Rimbaud, uno dei maestri-numi tutelari di Galasso), si declina in forme diverse: lo studioso vorace, l’amante timidissimo, ma soprattutto l’”imbranato”, colui che, con Lovecraft è “contro il mondo, contro la vita” (Houellebecq). Ungaretti, ancora, volendo, ma nel senso della “Vita di un uomo”, che però si dice-sente “imbranato” (anzi pare abbia fondato, non solo per celia, un misterioso-fantomatico “Club degli imbranati”); quindi non il poeta anche un po’ eroe di Ungaretti, ma al contrario l’ometto, il non cresciuto, l’eterno bambino (non a caso il “nostro” è anche un fan sfegatato di Pascoli…), il non-cresciuto (la “Blechtrommel” – “Tamburo di latta” di G. Grass, altro “cult” dell’autore), il “gatto” (altro suo emblema) che scandalizza-vuol scandalizzare con la sua “innocenza ritardata ” la seriosità umana… Il suo ideale (fantasma ma non solo…) femminile, che è la virago-amazzone (non certo nell’accezione corrente in politica), in un déplacament continuo, dove l’ironia, anche corrosiva, l’autoironia, talora la satira (mai politica, quella è probabilmente in altri scritti…) spesso invece lascia il posto alla commozione straziante e insanabile, per la perdita, talora mascherata, talora invece esibita-gridata (Luigi Baldacci, maestro di pensiero e di vita, ma anche figura paterna per sempre perduta e cercata, Heinz Mur, l’amico di sempre, il fratello maggiore che era il suo mentore politico, anche quando politicamente le opinioni divergevano radicalmente, Hamid, l’amico iraniano forse scomparso nella guerra Iran-Iraq, che rimane “in his mind forever”), i tanti parenti, magari anche non parenti diretti, il cui ricordo rimane indelebile. Gioia (a tratti parossistica) e pianto si confondono, in una dimensione che spesso è quella della “surrealtà”, comunque della fusione tra “realtà” e “sogno”. E allora anche il gioco della vita e della scrittura si chiarisce: figure che rimandano ad altro, al “non detto”, dove il mascheramento (rimane indelebile una conversazione sentita dall’autore, dove alla domanda “Da che cosa ti mascheri a Carnevale “un conoscente di Eugen Galasso aveva risposto: “Con la maschera di ogni giorno”, condensato apparente di tutta la riflessione non solo pirandelliana…, frase comunque emblematica di cui si trova traccia in racconti e testi qui non raccolti) rimanda ad altro, ai ruoli sociali imposti, più o meno (spessomeno) surrettiziamente.

Franco Latino

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